Wanderlust

Wanderlust

lunedì 22 febbraio 2016

Il coprifuoco

Mi chiedevo se anche gli adolescenti di oggi sono sottoposti a un coprifuoco..e, se si, a che ora è il medesimo.
No, perchè io ce l'avevo. Eccome se ce l'avevo.
Il mio "giustissimo" coprifuoco era alle 22.00 dall'età di 14 ai 17 anni. Poi siamo arrivati alle 23 fino ai 18 anni (con svariate tragedie greche e polemiche giornaliere) e poi ho iniziato a lavorare e questo mi rese libera! Beh, a dirla tutta iniziai a lavorare saltuariamente già dai 15 ma non era la stessa cosa.
La cosa più divertente del coprifuoco era il rientro. Perché ovviamente se si doveva rientrare alle 22...si facevano sempre le 22 e 10 o peggio le 22 e mezza! Senza contare che non era previsto l'allontanamento dalla piazza del paese. Cioè: non sia MAI la discoteca, non sia MAI i locali, non sia MAI la riviera, non sian MAI Pescara centro! La mia riserva protetta era la piazzetta del paese dove vivevamo. Badate bene, non i vicoli del paese, ma solo la piazzetta. In modo che mio padre potesse fare le ronde a sorpresa ogni tanto per controllare la situazione.
Ma torniamo al rientro. Bisognava essere scaltri, silenziosi e invisibili. Dei ninja navigati. Perché si sa che le mamme hanno questi misteriosi superpoteri che permettono loro di sentire rumori a chilometri di distanza anche se sono in fase rem.
Il rituale ninja partiva già dall'arrivo nei pressi dell'abitazione dei miei. Se venivo riaccompagnata in macchina mi facevo lasciare ad almeno 300mt per poi fare il resto a piedi, perché già il rumore della portiera era pericoloso. Poi c'era l'apertura del cancelletto avendo cura di non far scattare la serratura rumorosamente e altrettanto al rallentatore si richiudeva...le acutissime orecchie mammifere potevano allertarsi per il clank della serratura. A questo punto a dispetto delle condizioni climatiche o della stagione mi toglievo le scarpe...che fossero un paio di tacchi ticchettanti o un paio di morbide scarpe da ginnastica le suole avrebbero potuto tradirmi sui gradini della scala esterna. Arrivavo alla porta di casa dopo aver fatto le due rampe di scala in assoluto rispetto delle tecniche ninja con i piedi blu e congelati. Non si accendeva ovviamente la luce sul pianerottolo perché una volta aperta la porta la lama di luce avrebbe potuto raggiungere i sensibilissimi occhi della mamma addormentata. Così, mettendo il dito destro appena sotto la serratura della porta d'ingresso, facevo scorrere la luuuunga chiave sul dito senza farla toccare ai margini del buco per ridurre al minimo il rumore e infine scattava l'apertura. Quello era il momento topico. Se dentro una luce era accesa la mia fine era vicina. YOU LOSE! Se era tutto buio avevo superato i primi livelli del "Rientro Quest Game" ma mi aspettava il mostro finale! Strisciavo al buio fino alla mia stanza (dopo l'avvento dei telefonini la pallida luce dello schermo era un valido e discreto aiuto contro le insidiose sedie spostate sul percorso) e per prima cosa davo una sfatta al letto. Questo era una genialata. Nel caso qualcuno si fosse alzato mentre mettevo il pigiama potevo sempre dire di essermi alzata per andare in bagno. Quando finalmente scivolavo sotto le coperte un vago senso di vittoria mi pervadeva. YOU WIN! Avevo gabbato gli acutissimi sensi di ragno di mia madre...perché tanto quelli di papà erano sensi di lombrico e non c'era da temerli.
Ci sono purtroppo state delle occasioni in cui tutti i miei stratagemmi e le mie abilità ninja nulla hanno potuto contro le super orecchie materne. E Dio solo sa se sono da ricordare. Dal cazziatone a volume "mute" (perché sennò la gente che pensa) alle punizioni esemplari. Mai, mai, MAI svegliare il mostro finale.

venerdì 25 febbraio 2011

I bambini piromani

Quand'ero piccolina il mio compagno di giochi preferito era mio cugino maggiore Francesco. Intercorrono circa due anni e mezzo tra le nostre nascite e ai miei occhi di bambina lui era il mio eroe! Il più fantastimitico del mondo "Checco ha fatto questo, Checco ha detto quello.." lui era sempre il migliore. Sapeva giocare a calcio da dio e soprattutto mi permetteva di giocare (in porta naturalmente..) e la volta che parai un suo tiro mi sentii talmente in gamba che per un paio di giorni avevo la faccia compiaciuta e orgogliosa di chi ha vinto il Pulitzer. Lui sapeva palleggiare la palla in maniera impareggiabile per me..arrivava a 150 palleggi! Giocavamo a guardia e ladri, a me non dava fastidio che fosse lui a scegliere chi essere tra i due avversari, a campana, a nascondino, ad acchiapparello, alle capanne (ne abbiamo costruite a decine..per poi essere tristemente smantellate dal nonno 5 minuti dopo averle finite...) ma avevamo una "perversione"..ci piaceva il fuoco. Esatto, proprio il fuoco. Ma non perché lo vedevamo come distruttore di foreste ed edifici, quanto perché faceva così terribilmente giovani marmotte! Accendere un fuoco significava vivere nell'avventura. Trovare calore in una notte nella giungla nera mentre con un torcia improvvisata tieni a bada serpenti e tigri! Poteva non esserci la giungla o gli animali selvaggi bastava un fuocherello e l'avventura iniziava. Tuttavia non era molto facile accenderne uno. Anche perché c'era sempre la possibilità di essere beccati a fare una cosa pericolosa e quindi di prenderle sul serio. Spesso dunque il mio astutissimo cugino mi mandava in avanscoperta nella cucina della nonna, a casa della quale ci riunivamo sovente, a fregare i fiammiferi. Lui sapeva che io ero più piccola e quindi meno sgamabile..e soprattutto se tutto fosse andato per il peggio lui ne sarebbe uscito pulito. Ma io ero felice, emozionata e orgogliosa di quel compito così difficile e pericoloso. Mi sentivo un po' Margot (quella di lupin..) e un po' Wonder Woman.  Mi avvicinavo con nonchalance alla cucina e ai fuochi e, mentre i grandi parlavano tra di loro, infilavo qualche fiammifero nella manica della maglia quindi tornavo, senza correre, nello stanzino dove mi aspettava Francesco. Gli mostravo trionfante i tre/quattro fiammiferi trafugati ma lui con disapprovazione mi diceva "Ma che ci facciamo mo co' tre fiammiferi!! Vanne a pijà di cchiù!". Così tornavo all'attacco senza farmi demoralizzare sapendo che il mio viavai poteva essere notato..allora andavo in cucina, prendevo un bicchiere d'acqua, mi fermavo a guardare il cortile dalla finestra e infine mi riavvicinavo ai fiammiferi..e OP! Facevo sparire tutto il pacchetto certa dell'approvazione di mio cugino. Ricordo con soddisfazione il ghigno soddisfatto e lo sguardo di elogio di Francesco. Avevamo decine di fiammiferi!
Mi ricordo che in quella particolare occasione iniziammo ad accendere un fiammifero alla volta guardando la fiammella che consumava il legnetto fino alla fine..magico! Ma ne avevamo così tanti che avremmo potuto farne altro. Così l'idea! Io avevo ricevuto in regalo il manuale delle giovani marmotte per il compleanno e mi ricordavo che tra le varie tecniche di sopravvivenza c'era la maniera migliore di sistemare la legna per fare un fuoco da campeggio. Bisognava metterli tutti a raggiera con un'estremità vicina all'altra a formare una specie di capannella. Così facemmo, con l'ulteriore genialata di mettere 50 e passa fiammiferi a raggiera con tutte le coccette rosse al centro e vicine. Chiudemmo piano piano la porta dello stanzino e avvicinammo un fiammifero acceso al mucchietto a forma di falò. Fu un attimo, una fiammata enorme divampò verso l'alto, le testoline di zolfo s'infuocarono tutte insieme e insieme a loro..le tendine di acrilico della finestra. Il panico s'impadronì di noi. Ma non perché stavamo mettendo fuoco alla casa della nonna quanto per la faccia di schiaffi e le mazzate sulla schiena che ci saremmo beccati di li a poco una volta scoperti! Cercammo malamente di spegnere il fuoco battendoci sopra con alcuni panni piegati sulla lavatrice..anch'essi acrilici. Un delirio assoluto, ma nonostante l'inferno si espandesse davanti ai nostri occhi nessuno dei due aveva il coraggio di andare a confessare ai grandi cosa stava succedendo. Probabilmente sarebbe stato meglio lasciarci morire di soffocamento e bruciati vivi piuttosto che affrontare il battipanni della nonna e l'ira delle mamme. Ci guardammo un secondo negli occhi per darci tacitamente e tragicamente il nostro ultimo saluto quando entrò lo zio Quirino attirato dall'odore di fumo e dal sospetto silenzio dei nostri giochi. Non disse nulla, guardò noi, le nostre facce terrorizzate e colpevoli, le tende in fiamme e il fuoco che si andava propagando in fretta. Ci tirò fuori e con tre secchiate d'acqua  spense tutto.
L'unica cosa che ricordo chiaramente del "dopo" fu che probabilmente morire bruciati vivi e di soffocamento sarebbe sicuramente stato meno doloroso. 

domenica 23 gennaio 2011

La brevità delle cose piacevoli

Stanotte riflettevo su un fatto.. 
si, perchè ovviamente c'è chi di notte dorme e chi come me trova mille interessantissime cose da fare al posto di riposare. Tra queste c'è anche il riflettere. Tra le altre si trovano nell'ordine: lo spiluccare ogni tipologia di nefandezza dal frigo, guardare x l'ennesima volta il dvd preferito, giocare al pc, tormentare il gatto o il cane, fumare l'ennesima sigaretta e quant'altro. 
Ma tornando alla mia riflessione profonda..mi chiedevo perchè mai tutte le cose piacevoli durino così poco. E non intendo solo quello che al volo vi è venuto in mente (hehe..anche "quello" però a volte è rapido in maniera disarmante) ma tipo: l'estate? Non dura troppo poco? Non fai in tempo a superare quella bastarda di prova costume per la quale hai rinunciato pure al filo d'olio sull'insalata che già ti si ripropina la temuta canottiera della salute che si insinua fin dentro le mutande! 
E il giorno di riposo? Quando è stato l'ultimo giorno di riposo nel quale siete riusciti..non a riposarvi..ma a fare tutte le cose che vi eravate convinti di poter concludere? Troppo poco!!Dura troppo poco! 
E il gelato? Le caramelle? La BIG BABOL!? Appena la scarti vieni investito dal profumo inebriante..la metti in bocca e credi che la masticherai per sempre..e invece manco un minuto e ti ritrovi con un ammasso immasticabile e tutt'altro che zuccherino..tipo come se stessi a masticà la gomma pane del liceo!:) 







Per non parlare dei viaggi! Sono una grande sostenitrice del : "faccio un viaggio all'anno (se je la fo coi soldi...) ma almeno per 15 giorni!Sennò non ci vo per nulla! "Che vado a fa 7 giorni!? Due per andare e tornare due per abituarti all'idea dell'arrivo e della partenza e ti restano tre fantastici giorni per visitare tutto il paese...beh, certo ad avere i superpoteri ce la si farebbe pure. 

Insomma rifletteteci pure voi.."La brevità delle cose piacevoli"...e poi ditemi se è meglio per me trovarmi un buon rimedio contro l'insonnia :)

martedì 18 gennaio 2011

l'Era dei dinosauri

Oggi riflettevo sull'incredibile evoluzione della tecnologia da pochi anni a questa parte. E' entrata a far parte della nostra vita di tutti giorni un numero elevato di oggetti, arnesi ed elettrodomestico di ogni foggia e utilità. Ci pensate che i primi telefonini gsm sono del 1987? Sono 24 anni che è entrato nelle nostre vite! Eppure tanti ragazzi e bambini non sanno cosa vuol dire "aspettare" la chiamata a casa, o "lascia libero il telefono!" o ancora sentire la tasca dei calzoni pesante per i gettoni della cabina telefonica. Il cellulare è un oggetto talmente famigliare che anche i bambini che non sanno ancora parlare già sanno usarlo!!
Io ho quasi 35 anni eppure certe volte, parlando con un ventenne, mi sento un dinosauro. A scuola non avevo internet per fare le ricerche. Usavo l'enciclopedia da 30 volumi e le immagini le ritagliavo dalle riviste della mamma. E quante riviste dovevo sfogliare per trovare un'immagine inerente alla giraffa, ai greci o al medioevo?! Poi una volta scovata quella giusta la ritagliavo con le forbicine per le unghie (quelle con la punta tonda ce l'aveva solo chi aveva soldi da spendere inutilmente) e la incollavo su quaderno con la colla stick. Ma sapevo ancora cos'era la Coccoina!

E la lavastoviglie? Che meravigliosa invenzione quella.. Mi ricordo che prima del suo avvento finito il pasto si doveva subito fare i piatti ("sennò si incrostano!") ed era un rito al quale non si poteva scappare o rimandare. Appena dopo la mela ti avvicinavi al lavandino facevi le fumantine al sugo e detersivo..brr se non ti tornava su tutto era una fortuna.

Io addirittura ricordo la fase prima del telecomando. A casa avevamo una sola TV in bianco e nero che avrà avuto si e no 15". Era di plastica arancione (molto anni settanta),più profondo che alto, con l'antenna doppia attaccata sopra tipo le antennine delle farfalle e per girare i canali dovevi alzarti, andare vicino e girare una manopola nera che scattava su un canale diverso. Pazzesco, se ci penso adesso mi chiedo come fosse possibile non sclerare. Poi arrivò la TV nuova, grande, a colori. Sarà stata di 22 pollici ma a me sembrava il cinema. E poi i colori...mentre Papà la sintonizzava, nel fruscio bianco e nero, ogni tanto appariva un'immagine a colori e io saltavo di gioia gridando "GUARDA GUARDA! Guarda c'è il rosso!!". Bel momento.
E il CD? Sembra che non abbiamo avuto che lui da sempre..mentre quasi è già sorpassato dalle USB e dagli Hard Disk portatili. Eppure...eppure prima del CD qualcosa c'era..
Il floppy rigido, e prima quello morbido, e ancora prima la cassetta e la videocassetta, e i vinili. Mi ricordo che per riavvolgere la cassetta usavo una penna bic. La infilavo in uno dei due buchini e la facevo roteare come la raganella di legno. Così non usavo le pile del walkman. Non c'era mica IPod. Eeee..sono una nostalgica a volte.

sabato 15 gennaio 2011

Alzi la mano chi non ha mai pianto con una canzone.

E fu così che tutte le mani rimasero abbassate. Perché sono sicura che tutti, indistintamente uomini o donne, almeno una volta nella vita si sono trovati in quel magico e intimo momento dove la musica ti entra dentro e ti pervade fino a commuoverti. A volte la cosa ci coglie di sorpresa, magari in macchina mentre torniamo a casa dal lavoro, o mentre studiamo con una radiolina a farci compagnia. A volte ce lo siamo andati a cercare, come quando siamo tristi perché l'amore ci ha lasciato o siamo gasati per una bella giornata di sole...e allora chiediamo tacitamente alla musica di amplificare i nostri sentimenti. E Lei duttile ed esperta ci scivola sulla pelle, ci solletica le ciglia, ci soffia sulla nuca il brivido dell'emozione. 
Mi sono trovata squassata dai singhiozzi per la forza delle note, col petto gonfio e teso quasi non riuscisse a trattenervi dentro l'anima. Alcune melodie sono come un torrente in piena e io quasi ne vengo soffocata. Pianoforti incalzanti, percussioni trascinanti, chitarre pungenti. 
C'è una sonata per pianoforte nota con il nome di "Chiaro di luna" di Beethoven che puntualmente finisce per commuovermi...non ce la faccio, è più forte di me!
Ecco mi è venuta voglia di concedermi una dose di emozione pura..ora accendo il dvd, metto su un CD di  Edvard Grieg e mi abbandono a visioni magiche e celtiche...il piccolo popolo mi accompagnerà nelle braccia di Morfeo. 
Buonanotte mondo.

venerdì 14 gennaio 2011

La formica e Il filo d'erba

Da bambina abitavo in un attico al sesto piano in piena città. L'urbanizzazione mi circondava e mi avvolgeva come un abbraccio invadente. Forse non mi rendevo conto di quanto mi stesse stretto il cemento, ma di sicuro mi accorgevo di quanto mi mancasse la natura. Era nelle piccole cose di ogni giorno che la cercavo febbrilmente. E la trovavo. Sempre. Si, perché la natura non la puoi mica fuggire arrampicandoti a sei piani d'altezza o rintanandoti nella più grigia delle città! Lei silenziosa e discreta si fa strada comunque.
Sul mio terrazzo infatti la vita brulicava frenetica sotto gli occhi di chi la cercava con attenzione. E io la cercavo altroché!
File lunghissime di formichine lucenti che portavano orgogliose e tenaci carichi pesantissimi per le loro piccole tenaglie e io come una spia in incognito, nascosta ai loro occhi dalla mia gigantesca dimensione, le seguivo fino al buchino nel muro. Il portale segreto che conduceva al misterioso formicaio. Oh quanto mi sarebbe piaciuto essere piccola piccola come loro per poter visitare quel posto. La società perfetta. Tutte per una e una per tutte. Tutte lavorano alacremente per il bene comune, nessuno ruba, non si ammazzano tra di loro, non vogliono sempre di più e non hanno il denaro. La maledizione del mondo, il denaro.
Ma a me, bambina, piacevano soprattutto perché erano fortissime e mi chiedevo come avessero fatto ad arrivare su fino al sesto piano..forse avevano un ascensore formichino che correva su e giù nelle grondaie! Non mi avrebbe stupito.
Sul davanzale poi c'erano delle creaturine minuscole davvero. Dovevi essere molto attento per scorgerle. Erano i ragnetti rossi, piccolissimi acari che correvano instancabili da una parte all'altra. Anche se non ho mai capito quale ne fosse lo scopo.
Ma il vero miracolo erano i fili d'erba.
Il mio terrazzo girava tutto intorno all'appartamento ed era totalmente pavimentato con delle mattonelle rossicce molto anni settanta. Nonostante fossero state posate molto bene c'era stato qualcosa che aveva vinto la forza del massetto. I fili d'erba. Non sapevo come ma dei teneri, delicati, indifesi fili d'erba si erano fatti strada tra il cemento e le mattonelle e spuntavano tenaci qua e la. Incredibile. Come aveva potuto un semino piccolissimo volare per il mondo e finire nel più spoglio e duro dei deserti e riuscire comunque a reclamare la sua fetta di vita!? Ci sarebbe riuscito un uomo?
Ricordo che una mattina mia madre voleva strapparli via tutti perché temeva che a lungo andare avrebbero sollevato e rotto le mattonelle. Mi feci letteralmente venire una crisi di pianto per costringerla a non farlo. Dopo quasi un'ora di pianti e sbattimenti di piedini raggiungemmo un accordo. Lei avrebbe lasciato lì le piantine e io mi sarei presa cura di loro finché non sarebbero cresciute un pochino e a quel punto le avremmo spiantate insieme senza romperle e le avremmo piantate in un vaso. Bellissimo!
Grazie Mà.

giovedì 13 gennaio 2011

La dura vita delle adolescenti. I jeans.

Oggi riflettevo sull'importanza che hanno avuto i jeans durante l'adolescenza. Insomma erano uno status symbol, una maniera per fare parte del gruppo, una divisa che potevi indossare indiscriminatamente ovunque! A scuola, a casa, in chiesa, al supermercato, a spasso, ai matrimoni, la sera..ovunque! Non dovevi neppure pensarci  a "che cosa mi metto"..loro erano li sulla spalliera della sedia, o più spesso per terra, ammiccanti e sorridenti. E tu ti sentivi sempre figa e a posto. Poi cresci e, oltre l'età, aumenta anche il punto vita. E muoiono i jeans e il loro irresistibile fascino. Il fascino jeansesco è inversamente proporzionale all'accumulo adipo-celluloso.
Mi ricordo da ragazzina, avrò avuto 17 anni, che una mia superfighissima compagna di classe mi diede da provare dei suoi jeans Levis dicendo che non le piacevano più e voleva rivenderseli. Era una triplice vantaggiosa offerta. Jeans firmati (utopia per me) a pochi spiccioli, della superfiga della classe e oltretutto attillatissimi. ATTILLATISSIMI. 
Insomma erano una specie di muta da serpentessa supersexy! 
Mi ricordo che forte dei miei 45 KG (bei ricordi..) tornai a casa gongolante e impaziente di infilarli per vedere come stavo. Mi chiusi in camera appena dopo mangiato (grande errore..), sfilai i miei jeans e tirai fuori dallo zaino gli gnoccajeans. Con un gesto fluido e svelto appuntai i piedi nelle due gambe e tirai su. Insomma, provai a tirarli su. Grande fu la mia delusione. Si bloccarono ostinatamente sulle cosce. Ma la mia di ostinazione nell'indossarli era ben superiore della loro! Così strinsi le chiappe e inzeppai le cosce nei jeans come si insacca il salame nel budello. Provai l'esperienza del cotechino. Ma mi consolavo, avevo sentito dire che alcune mettevano il borotalco sulle gambe per renderle più scivolose. O forse era per i pantaloni di pelle..
Ma la mia battaglia non era ancora finita. Dovevo chiudere bottone e zip. Prima provai a tirarla su con convinzione, se l'importante è crederci, e io ci credevo eccome, si sarebbe chiusa..in un lampo!
Invece dopo 10 tristissimi minuti ero ancora li. Solo un po' più sudata e con la faccia più nevrotica. 
Cosi provai e riprovai a ritirare in dentro la pancia. Se ero riuscita a tirare in dentro le cosce..
Niente.
In un ultimo disperato tentativo mi stesi sul letto ritirai dentro tutto il tirabile e mandai in compressione massima pure l'anima. E...zip! La magia si operò. Si era chiusa!!! 
Provai ad alzarmi dal letto e senza poter piegare il busto sembravo più una tartaruga rovesciata agonizzante. Perciò rotolai sul fianco e senza respirare troppo mi avvicinai allo specchio. Ohhhhh..ero bellissima! Sembravo una modella! Sembravo la mia amica superfiga! ..Sembravo una tartaruga agonizzante arrotolata nel cotechino con problemi respiratori cronici!!
Santo Dio ma chi era il maniaco pervertito che aveva inventato una macchina di morte lenta e diabolica camuffandola da indumento fashion?? Ma il signor Levis era un pazzo sessista volto alla sofferenze legalizzata delle donne!
Ci ho messo molto meno a toglierli (si fa per dire..).