Wanderlust

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venerdì 25 febbraio 2011

I bambini piromani

Quand'ero piccolina il mio compagno di giochi preferito era mio cugino maggiore Francesco. Intercorrono circa due anni e mezzo tra le nostre nascite e ai miei occhi di bambina lui era il mio eroe! Il più fantastimitico del mondo "Checco ha fatto questo, Checco ha detto quello.." lui era sempre il migliore. Sapeva giocare a calcio da dio e soprattutto mi permetteva di giocare (in porta naturalmente..) e la volta che parai un suo tiro mi sentii talmente in gamba che per un paio di giorni avevo la faccia compiaciuta e orgogliosa di chi ha vinto il Pulitzer. Lui sapeva palleggiare la palla in maniera impareggiabile per me..arrivava a 150 palleggi! Giocavamo a guardia e ladri, a me non dava fastidio che fosse lui a scegliere chi essere tra i due avversari, a campana, a nascondino, ad acchiapparello, alle capanne (ne abbiamo costruite a decine..per poi essere tristemente smantellate dal nonno 5 minuti dopo averle finite...) ma avevamo una "perversione"..ci piaceva il fuoco. Esatto, proprio il fuoco. Ma non perché lo vedevamo come distruttore di foreste ed edifici, quanto perché faceva così terribilmente giovani marmotte! Accendere un fuoco significava vivere nell'avventura. Trovare calore in una notte nella giungla nera mentre con un torcia improvvisata tieni a bada serpenti e tigri! Poteva non esserci la giungla o gli animali selvaggi bastava un fuocherello e l'avventura iniziava. Tuttavia non era molto facile accenderne uno. Anche perché c'era sempre la possibilità di essere beccati a fare una cosa pericolosa e quindi di prenderle sul serio. Spesso dunque il mio astutissimo cugino mi mandava in avanscoperta nella cucina della nonna, a casa della quale ci riunivamo sovente, a fregare i fiammiferi. Lui sapeva che io ero più piccola e quindi meno sgamabile..e soprattutto se tutto fosse andato per il peggio lui ne sarebbe uscito pulito. Ma io ero felice, emozionata e orgogliosa di quel compito così difficile e pericoloso. Mi sentivo un po' Margot (quella di lupin..) e un po' Wonder Woman.  Mi avvicinavo con nonchalance alla cucina e ai fuochi e, mentre i grandi parlavano tra di loro, infilavo qualche fiammifero nella manica della maglia quindi tornavo, senza correre, nello stanzino dove mi aspettava Francesco. Gli mostravo trionfante i tre/quattro fiammiferi trafugati ma lui con disapprovazione mi diceva "Ma che ci facciamo mo co' tre fiammiferi!! Vanne a pijà di cchiù!". Così tornavo all'attacco senza farmi demoralizzare sapendo che il mio viavai poteva essere notato..allora andavo in cucina, prendevo un bicchiere d'acqua, mi fermavo a guardare il cortile dalla finestra e infine mi riavvicinavo ai fiammiferi..e OP! Facevo sparire tutto il pacchetto certa dell'approvazione di mio cugino. Ricordo con soddisfazione il ghigno soddisfatto e lo sguardo di elogio di Francesco. Avevamo decine di fiammiferi!
Mi ricordo che in quella particolare occasione iniziammo ad accendere un fiammifero alla volta guardando la fiammella che consumava il legnetto fino alla fine..magico! Ma ne avevamo così tanti che avremmo potuto farne altro. Così l'idea! Io avevo ricevuto in regalo il manuale delle giovani marmotte per il compleanno e mi ricordavo che tra le varie tecniche di sopravvivenza c'era la maniera migliore di sistemare la legna per fare un fuoco da campeggio. Bisognava metterli tutti a raggiera con un'estremità vicina all'altra a formare una specie di capannella. Così facemmo, con l'ulteriore genialata di mettere 50 e passa fiammiferi a raggiera con tutte le coccette rosse al centro e vicine. Chiudemmo piano piano la porta dello stanzino e avvicinammo un fiammifero acceso al mucchietto a forma di falò. Fu un attimo, una fiammata enorme divampò verso l'alto, le testoline di zolfo s'infuocarono tutte insieme e insieme a loro..le tendine di acrilico della finestra. Il panico s'impadronì di noi. Ma non perché stavamo mettendo fuoco alla casa della nonna quanto per la faccia di schiaffi e le mazzate sulla schiena che ci saremmo beccati di li a poco una volta scoperti! Cercammo malamente di spegnere il fuoco battendoci sopra con alcuni panni piegati sulla lavatrice..anch'essi acrilici. Un delirio assoluto, ma nonostante l'inferno si espandesse davanti ai nostri occhi nessuno dei due aveva il coraggio di andare a confessare ai grandi cosa stava succedendo. Probabilmente sarebbe stato meglio lasciarci morire di soffocamento e bruciati vivi piuttosto che affrontare il battipanni della nonna e l'ira delle mamme. Ci guardammo un secondo negli occhi per darci tacitamente e tragicamente il nostro ultimo saluto quando entrò lo zio Quirino attirato dall'odore di fumo e dal sospetto silenzio dei nostri giochi. Non disse nulla, guardò noi, le nostre facce terrorizzate e colpevoli, le tende in fiamme e il fuoco che si andava propagando in fretta. Ci tirò fuori e con tre secchiate d'acqua  spense tutto.
L'unica cosa che ricordo chiaramente del "dopo" fu che probabilmente morire bruciati vivi e di soffocamento sarebbe sicuramente stato meno doloroso. 

1 commento:

  1. ...da bambina ero davvero piromane,anche adesso il fuoco mi affascina e, a dire il vero, una falo' alle tende di mia suocera lo farei volentieri...ma non voglio rischiare la vita!Ti piacerebbe avere favole inedite da leggere in libreria?Ne sarei felice!

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